1973 - Aggressioni fasciste

(articolo pubblicato su "Lotta Oggi" a pag. 8 nel n. 2 del 1973).

E' stata una settimana molto intensa quella che va dal 19 al 24 febbraio per il liceo ginnasio Giulio Cesare di Corso Trieste.

Non meriterebbero nemmeno menzione i volantini del fronte studentesco (formazione di destra di chiara matrice missina), se non fosse utile sottolineare la vacuità di pretendere di fare politica con l'uso, quasi patologico, di parole come "carogne", "luridi", "vermi" e così via, in quanto ciò significa recare offesa all'intelligenza degli studenti che, per fortuna, hanno sufficiente acume per giudicare i fatti.

I fatti. - Martedì 20 febbraio il giovane Giovanni, solo perché amico di qualche comunista, viene pestato (alcuni denti rotti) da elementi di destra, tra cui pare ci fosse un certo I.E., noto per altre bravate. Questo episodio fa giustamente esplodere la protesta degli studenti dentro l'Istituto che, tra l'altro, isolano le provocazioni dei fascisti.

Mercoledì 21 febbraio, durante lo sciopero, indetto dal movimento studentesco e da alcuni gruppi extraparlamentari (sciopero da cui si dissocia la Federazione Giovanile Comunista in quanto ritiene che quegli obiettivi siano sbagliati) succedono gravi incidenti. Verso le 13 un gruppo di manifestanti ritorna, dopo aver protestato per le vie di Roma, al Giulio Cesare (sono una settantina) e si scontra con la polizia ed i soliti fascisti che, rimasti di tutto punto, li attendono davanti al bar Tortuga. La provocazione, a cui si sono prestati i gruppetti, permette alla polizia di caricare, di sparare alcuni lacrimogeni, di creare confusione e paura. Otto giovani vengono arrestati, tre denunciati. Da queste sconsiderate azioni prende fiato chi, sugli opposti estremismi, costruisce la sua politica. I fascisti sono i primi a cercare di riprendere il terreno perduto presentandosi come "vestali" dell'ordine.

Giovedì 22 i giovani si riuniscono in assemblea, senza l'autorizzazione del preside, per isolare la provocazione fascista e per esprimere una dura condanna. Si sa che al Giulio Cesare l'esca della provocazione è rappresentata dal gruppo di sfaccendati - picchiatori - che in permanenza (salvo qualche breve soggiorno a Regina Coeli) stazionano minacciosi davanti alla scuola ed anche dalla polizia che tiene quattro occhi sugli studenti di sinistra e che fraternizza troppe volte con gli estremisti di destra.

I fatti accaduti provocano la riunione del corpo insegnati che, a grande maggioranza, decide di punire i partecipanti e i promotori dell'assemblea, anche se gli incidenti sono stati causati dalle continue provocazioni dei fascisti.

Al Giulio Cesare è possibile e necessario costruire un movimento di massa che abbia chiari obiettivi, in quanto, solo così, si può dare seguito alla battaglia per la riforma della scuola, per allargare lo spazio democratico nell'Istituto.

I fatti del Giulio Cesare si inseriscono in un quadro generale di provocazione e repressione di cui sono oggetto le scuole italiane.

Basta ricordare lo studente ucciso dalla polizia a Milano e quello in fin di vita a Napoli per rendersene conto. Andreotti e Scalfaro (ministro della P.I.) vogliono togliere ogni spazio democratico nella scuola attraverso la repressione e la liquidazione di ogni proposta di riforma. Ma non è con l'avventurismo dei gruppetti, spesso in connubio, cosciente, con i fascisti e le centrali di provocazione straniera, che si risolve la grave crisi della scuola, anzi l'avventurismo serve solo ai padroni e ai moderatori come Andreotti.

La scuola non è un'isola nel deserto, un tempio in cui non entrano i fermenti della società, anzi la sua crisi è parte della crisi della società capitalistica. La scuola deve formare degli uomini e non dei manichini. I giovani, terminati gli studi, vogliono un lavoro qualificato, vogliono contare nella società. Nasce da ciò l'esigenza di una riforma complessiva che affronti i problemi delle attrezzature scolastiche, del diritto allo studio, del tipo di cultura, degli sbocchi professionali. Per questo è necessario che le scuole siano gestite da alunni, docenti e famiglie. Come pure è indispensabile che la problematica generale della società entri nella scuola. Anche la cultura deve finire di essere "nazione" per divenire fatto di crescita e di formazione degli uomini che dovranno, nello spirito della Costituzione, assumersi la responsabilità di costruire il domani del nostro Paese.

Noi comunisti, pur sapendo che idee così ampie e positive non possono essere capite, anche per l'esistenza di assurdi preconcetti e sospetti nei nostri confronti, riteniamo che:

  1. sia possibile e necessario un impegno unitario per costruire un movimento di massa teso a difendere e allargare gli spazi democratici nella scuola

  2. sia possibile e necessario chiudere l'anno scolastico al Giulio Cesare senza ulteriori incidenti con il concorso degli studenti, dei docenti e delle famiglie liquidando la spirale della provocazione.

Noi comunisti, mentre respingiamo e combattiamo con ogni energia, gli estremisti, ci appelliamo, ancora una volta, a tutte le forze politiche democratiche, agli studenti, agli insegnanti, ai cittadini per un'iniziativa capace di garantire la Democrazia nella scuola e una sua profonda riforma.

 

Data documento: 
Lunedì, 26 Febbraio 1973