1973 Intervento

IX Congresso nazionale Federbraccianti

Apertura di Sante Moretti segretario nazionale Federbraccianti

Compagni delegati, nell'aprire i lavori del IX Congresso Nazionale della Federbraccianti dichiaro decaduto il Comitato Centrale ed il Collegio dei Sindaci Revisori eletti all'VIII° Congresso tenutosi ad Ariccia nel 1969.

Propongo per la presidenza i compagni Rinaldo Scheda, Aldo Bonaccini e Pietro Boni, segretari nazionali della Cgil, il compagno Doro Francisconi, presidente nazionale dell'Inca, il segretario generale della Federbraccianti Feliciano Rossitto, i compagni della segreteria nazionale della Federbraccianti Mariani, Mezzanotte, Militello, Solaini, Turtura, i familiari del compagno Cattani ucciso da mano agraria a Campogagliano di Modena nel 1971, la compagna Bartolai Vanda della Federbraccianti di Ferrara, il compagno Garaffa Italo, segretario della Federbraccianti di Cosenza, il compagno Bua Salvatore, segretario della Federbraccianti di Catania, il compagno Brognara Armando, segretario CFomitato regionale veneto, il responsabile del consiglio dei delegati della Maccarese, la compagna Ferrari Laura del Comitato Direttivo di Mantova, il compagno Andriani Antonio, capolega di Trinitapoli, la compagna Graziella Formica della Federbraccianti di Siracusa, il capolega di Andria, Lo Muscio.

Invitiamo, inoltre, alla presidenza, le rappresentanze dei sindacati dell'industria pr3esenti in sala, il compagno Bonino segretario generale della Uisba Uiol, la delegazione dell'Alleanza Nazionale dei Contadini, delle Acli, del Centro Forme Associative e delle Cooperative agricole.

Credo che l'applauso del Congresso ci dispensi dal mettere ai voti la presidenza, pertanto prego i compagni chiamati di prendere posto alla presidenza. Proponiamo presidente del Congresso il compagno Malvino Mariani a cui cedo la parola.

 

 

Intervento di Sante Moretti

 

La presenza al nostro congresso del presidente della UILSTAFP, di numerose delegazioni sindacali di altri paesi, ci onora, dà prestigio al nostro congresso e valorizza l'impegno internazionale della Federbraccianti. A tutte le delegazioni rinnoviamo il saluto caloroso dei delegati al congresso, degli invitati, della maggioranza dei braccianti, salariati e coloni italiani.

Un saluto commosso e fraterno va ai rappresentanti dell'antifascismo greco e spagnolo, presenti per la prima volta ad un nostro congresso, che testimoniano, tra l'altro, che in Grecia e in Spagna il fascismo non potrà durare.

Ma è con commozione ed entusiasmo che salutiamo nei rappresentanti del Comitato Italia/Vietnam l'itero popolo di HO CHI MIN che ha sconfitto l'imperialismo americano.

I Vietnamiti hanno vinto la più grande guerra e rivoluzione della storia per trasformare il mondo, liberarlo dalla guerra e dall'oppressione. La loro è anche una vittoria nostra, è una grande vittoria degli sfruttati, dei popoli oppressi, dei sinceri democratici di tutto il mondo.

E', quella del Vietnam, una vittoria che esalta il diritto di ogni popolo a difendere i propri interessi nazionali, la propria indipendenza ed autonomia, senza distinzioni di regimi politici; che indica ad ogni popolo la necessità che si affermi nel mondo la distensione basata sull'indipendenza, il diritto all'autodeterminazione delle nazioni, la pace.

E' stata, quella del popolo del Vietnam, una lotta di un eroismo senza pari, costata sacrifici inenarrabili ma sopportati con fierezza: ricordiamo le immagini dei combattenti, il loro volto sereno, il loro duro sorriso.

Ricordiamo le città distrutte, i corpi bruciati delle donne e dei bambini: in Indocina sono esplose il triplo delle bombe consumate nella II guerra mondiale, sono state usate le armi più micidiali senza alcun rispetto per la vita e degli accordi internazionali che vietano l'uso dei gas e dei defolianti eliminando, in vaste aree e per decenni, anche la vita vegetale. I morti sono stati più di un milione ed i feriti circa 3 milioni.

A fianco del Vietnam, conquistati dalla giustezza della lotta, trascinati dall'eroismo di quei combattenti e dalla forza delle idee democratiche e di libertà, si sono sollevati gli uomini e le donne del mondo intero. Hanno manifestato, hanno pregato, hanno isolato gli Stati Uniti.

In Italia abbiamo più volte riempito le piazze con manifestazioni: “Vietnam libero” è stato gridato, ritmato da milioni di persone, scritto sui muri e sui manifesti.

Anche coloro, i più tiepidi che hanno considerato la guerra del Vietnam un “fatto locale” un “episodio fastidioso”, oggi si rendono conto di ciò che era in gioco e guardano preoccupati al peso che la vicenda ha avuto ed avrà sul futuro di tutte le nazioni.

Nella lotta per la libertà, l'indipendenza, la pace nel Vietnam si è formata una generazione di giovani ammirati e convinti del grande valore politico e civile di quella lotta. Non solo, il Vetnam ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro che, armi alla mano, dai partigiani dell'Angola, agli arabi, lottano per avere una patria, per tutti gli oppressi, per tutti coloro che subiscono ingiustizie.

Anche l'America è stata scossa, è nata l'altra America. Si è formata, negli USA, un'opposizione, è nata una rivolta che spesso si è identificata con quella dei negri, contro il sistema americano.

Il Vietnam sconfiggendo, con una guerra tremenda, l'aggressione vile e prepotente della più grande potenza economica e militare del mondo, se da un lato ha mostrato, con le sue tremende ferite, la capacità distruttiva dell'imperialismo, dall'altra ha dimostrato che è possibile battere politicamente e militarmente gli Stati Uniti.

Di fronte a questa vittoria si sta creando la possibilità di costruire un sistema mondiale di sicurezza, un rapporto diverso tra Stati, un periodo in cui l'umanità possa guardare con fiducia e certezza al suo futuro.

Durante il nostro congresso del 1969 seguimmo attenti e trepidanti la vittoria offensiva passata sotto il nome del TET, che vide i combattenti della liberazione travolgere gli americani e i fantocci sud-vietnamiti, occupare persino l'ambasciata americana a Saigon.

Dopo quella vittoria, il congresso del Fronte di Liberazione Nazionale formò il governo rivoluzionario provvisorio del sud-Vietnam.

Ci impegnammo, al congresso, a sostenere la lotta dei vietnamiti per il grande valore e significato mondiale che aveva. Possiamo dire che i braccianti sono stati sempre in prima fila nelle manifestazioni, nelle veglie, nelle proteste, nella raccolta di fondi e, se il messaggio del Vietnam, è giunto in migliaia di piccoli paesi, lo si deve spesso e solo al nostro sindacato.

Attorno alla lotta del popolo vietnamita, in Italia, si sono create delle vaste unità tra forze ideologicamente diverse. Tra i sindacati sono nate convergenze ed i problemi della pace, della libertà, dell'indipendenza dei popoli sono oggi parte integrante dei programmi sindacali ed un campo di impegno (dove in passato erano più marcate le divisioni) che esalta la natura di classe del sindacato: il Vietnam ha spinto il sindacato a rafforzare la sua iniziativa sui temi dell'antifascismo e della Democrazia, ha fatto evolvere il “pensiero” sindacale, ha dato più forza ideale all'azione sindacale.

In Italia i metalmeccanici, unitamente a numerose altre Federazioni di categoria, le stesse confederazioni, hanno organizzato molteplici iniziative a cui noi sempre abbiamo aderito. Il rifiuto della Fisba e dell'Uisba di partecipare a queste iniziative ci ha rammaricato, ma possiamo dire, con orgoglio, che nelle aziende e nei paesi agricoli l'adesione è stata plebiscitaria.

Negli ultimi mesi, per decisione della UISTAFP è stata lanciata una campagna di solidarietà internazionale.

Noi e la Federmezzadri abbiamo promosso numerose iniziative tra cui l'invio di 150.000 cartoline e abbiamo raccolto 11 milioni. Quel denaro che abbiamo consegnato all'UISTAFP, quando lo raccoglievamo pensavamo dovesse servire a comperare fucili, ma siamo veramente lieti che possa (una goccia in un mare di bisogni) servire a ricostruire e lenire le ferite e salutiamo la vittoria, oggi, del popolo vietnamita.

La lotta del popolo di HO-CHI-MIN ci ha insegnato molte cose:

  • che la chiarezza degli obiettivi, il rigore nella lotta, l'unità, sono decisivi e possono sconfiggere qualsiasi nemico

  • che alla lotta occorre sempre dare un respiro molto ampio e contenuti ideali molto forti per raccogliere solidarietà, partecipazione, collaborazione ed un aiuto più vasto.

Se non avessero realizzato questa unità i vietnamiti – questo piccolo popolo di contadini – non avrebbero mai potuto sconfiggere la più grande potenza economica e militare del mondo. Con la sua lotta il Vietnam ha messo in crisi la leadership che l'America aveva tentato di imporre al mondo, ha messo in crisi definitivamente la guerra fredda, ha fatto cadere molte barriere ideologiche, ha scosso la coscienza di milioni di persone, ha formato in tutto il mondo una generazione di combattenti per la libertà, la democrazia, la pace.

Ma la battaglia per il Vietnam non è finita: gli americani minacciano la ripresa delle ostilità e dei bombardamenti e Van Thieu sabota l'accordo di pace.

Il boia Van Thieu nei giorni scorsi è giunto a Roma, ha trovato una città nemica, piena di scritte e manifesti, percorsa da cortei. Sceso dall'aereo, come già qualche anno fa Jhonson, ha incontrato solo militari in assetto di guerra e per Roma ha potuto muoversi solo in elicottero.

Per noi, oggi, il primo impegno è quello di rimanere vigili affinchè il fragile accordo di pace si irrobustisca e ciò sarà possibile se tutti i governi antimperialisti, se tutti i popoli continuano a sostenere, come nei momenti più acuti della guerra, i vietnamiti.

Altro impegno è quello di dar vita ad iniziative affinchè la pace e il diritto all'autodeterminazione siano riconosciuti alla Cambogia.

La Cambogia sopporta in questi giorni il peso distruttivo del potenziale aereo statunitense, è minacciata di invasione, ma anche qui, sull'esempio del Vietnam, la lotta è sempre più ampia e i combattenti per la libertà hanno già conquistato il 90% del territorio e stringono la capitale in una morsa che nemmeno le bombe riescono ad allentare.

Come pure non può più attendere la liberazione dei 200.000 prigionieri che sopravvivono nel Vietnam del sud in condizioni orribili, sottoposti a vessazioni e torture indicibili che fanno persino impallidire l'orrore dei campi nazisti.

In Italia noi dobbiamo chiedere con forza al governo che dopo il riconoscimento diplomatico della RDV, sia riconosciuto anche il governo rivoluzionario del sud-Vietnam e siano prese precise iniziative per la liberazione dei prigionieri e per la ricostruzione del Vietnam.

La Federbraccianti proporrà alla Federazione unitaria (Federbraccianti – Fisba – Uisba) l'organizzazione di una campagna in particolare per la liberazione dei prigionieri e per la raccolta di fondi.

Noi siamo stati sempre con il popolo e con i combattenti di HO-CHI-MIN, continueremo ad esserlo. Il nostro sindacato sarà sempre a fianco di chi lotta per l'indipendenza, la libertà, la democrazia, il diritto all'autodeterminazione.

In ogni parte del mondo dove questi principi, che consideriamo basilari nei rapporti tra gli stati e nella vita di ogni nazione, sono stati minacciati o sono stati distrutti, per noi, c'è un nemico da cm,battere. Non importa si chiami fascismo, si chiami imperialismo, si chiami razzismo o colonialismo.

Ma anche in Europa sopravvivono regimi fascisti. Se vogliamo unire l'Europa è necessario liberarla dai regimi fascisti di Grecia, Spagna, Portogallo. Noi, un sindacato rigorosamente antifascista, con i lavoratori, non accetteremo mai di convivere con questi regimi.

La classe operaia italiana che con gli scioperi del marzo del 1943 dette il via alla lotta al fascismo e che partecipò, da protagonista, alla Resistenza da cui è nata la Repubblica e l Costituzione fondata sul lavoro, non accetterà mai l'unità dell'Europa inquinata e sporcata dal fascismo!

Fu nel 1936, che contro la Repubblica spagnola si sollevò una parte dell'esercito guidata dal generale Franco, espressione della grande borghesia, dei latifondisti e dell'alta gerarchia ecclesiastica. Franco usufruì dell'appoggio – purtroppo decisivo – dei regimi fascisti della Germania e dell'Italia.

Per due anni e mezzo infierì la guerra civile, durante la quale si scontrarono, oltre alle forze della Repubblica ed i seguaci di Franco, anche le gloriose brigate internazionali da una parte e dall'altra le truppe (soprattutto l'aviazione) nazifasciste.

Tra quei combattenti delle brigate internazionali vi era anche un bracciante di Cerignola, l'indimenticabile Di Vittorio. Nel 1939 fu la resa, l'instaurazione del regime fascista la cui durata è superata soltanto da quella del fascismo portoghese.

La dittatura franchista fu dura, spietata. Pesanti le condizioni economico-sociali per i lavoratori, spietata la repressione.

Ma in Spagna è sempre vissuta, in un intreccio tra lotte legali e illegali, l'opposizione a Franco. Opposizione che oggi è di molto cresciuta e spesso dà scacco allo stesso regime.

Non è servita, né servono a frenare il movimento antifranchista, gli assassinii come nel caso di Julian Grimau nel 1963, né le condanne pesanti (si pensi a quelle ultime di 10 sindacalisti condannati ad un totale di 162 anni di galera per azioni sindacali “illegali”). Oggi in Spagna c'è un ampio fronte antifranchista: studenti, intellettuali, il basso clero e anche non pochi vescovi si battono ormai a fianco degli operai e dei contadini e impostano una società che del fascismo ha ancora le strutture – e che può anche colpire duramente – ma quelle strutture sono la facciata che copre una realtà molto diversa. Anche l'omaggio reso in Spagna, specie nell'università, a Pablo Picasso, l'autore di “Guernica” e di quella colomba della Pace diventata simbolo in tutto il mondo, è un segno dei tempi nuovi, tempi nuovi che non paiono compresi dal nostro governo che ha accolto in forma ufficiale, nei giorni scorsi, il ministro spagnolo Lopez Bravo.

In Grecia, un regime militar-fascista è stato imposto per frenare e sottomettere il movimento democratico e progressista che aveva caratterizzato la vita politica della Grecia negli anni, prima del 1967. Dal momento della sua instaurazione (e sono trascorsi 6 anni) è apparso chiaro che uno dei suoi scopi principali era quello di facilitare la dipendenza dell'imperialismo, lo sfruttamento capitalistico del paese.

La dittatura greca si scontra con i sentimenti nazionali del popolo greco e con gli interessi reali del Paese e provoca forti reazioni in quasi tutti gli strati sociali del popolo.

Si deve certamente a questo stato di cose e la Giunta non solo non è riuscita a conquistare una base popolare, ma non è riuscita neppure a costruire attorno a sé l'unità di classe della borghesia greca.

Tale stato di cose è dimostrato dal fatto che la quasi totalità del mondo politico rifiuta la collaborazione con la Giunta. Ciò mantiene invalicabile il muro che separa il regime dal popolo greco ed aumenta l'isolamento e l'instabilità del regime stesso.

Anche in Grecia i processi, gli assassinii, le brutali persecuzioni (Panagulis è lì, tremendo atto d'accusa per il regime dei colonnelli) non riescono a fermare la lotta, l'azione!

E le notizie di questi giorni ci dicono che la lotta alla dittatura in Spagna, in Grecia, in Portogallo è in pieno sviluppo. Gli scioperi degli operai e quelli generali in Spagna, la mobilitazione degli studenti in Grecia, la vittoria dei partigiani in Angola e le proteste in Portogallo indicano che è in corso un movimento deciso contro la dittatura.

Ma agli antifascisti spagnoli e greci, ai combattenti per la libertà non possiamo solo esprimere la nostra solidarietà.

E' perciò nostro preciso impegno:

  • promuovere iniziative verso il nostro governo affinchè allenti i rapporti, oggi troppo stretti, con il regime fascista di Atene e di Spagna, liquidi i collegamenti col fascismo greco e spagnolo, con i gruppi eversivi italiani e con il MSI. Vogliamo solo ricordare come il nome di agenti dei colonnelli greci ricorra spesso quando si parla di organismi paramilitari e fascisti come Ordine Nuovo e mano a mano che si fa luce sulla strage nera di Piazza Fontana. Come pure non va dimenticato che il fascista Valerio Borghese, accusato di aver cercato di colpire le istituzioni repubblicane, ha trovato ospitalità in Spagna

  • sostenere con tutti i mezzi la lotta dei partigiani delle colonie portoghesi

  • stabilire contatti permanenti con l'antifascismo greco e con le commissioni operaie e contadine spagnole per predisporre iniziative comuni.

Ma il nostro impegno rigoroso sul terreno dell'antifascismo è qui in Italia, che va affermato combattendo tutti i giorni la battaglia per lo sviluppo della Democrazia, della libertà, contro le eversioni, per spezzare le trame nere.

La nostra lotta deve essere più forte nelle aziende e nelle fabbriche, ma soprattutto dobbiamo riuscire ad imporre al nostro Paese un modello di sviluppo economiche sociale che distrugga le radici vere, quelle economiche, del fascismo.

Giustamente oggi si è svolto a Milano un'ora di sciopero di fronte all'assassinio di un agente di polizia da parte dei fascisti avvenuto ieri. Anche il nostro congresso esprime il suo cordoglio a questo figlio del popolo meridionale.

Questo gravissimo episodio è il frutto della politica del governo Andreotti che ormai elemosina ogni giorno i voti missini. Questo episodio mostra il vero volto dei fascisti e la persistenza con cui la destra ed il padronato perseverano nei loro disegni eversivi. Non si illudano, però, la classe operaia, i lavoratori italiani, i democratici sono decisi a difendere le istituzioni democratiche e faranno sentire la loro forza unitaria per far finire questo stato di cose. Ed oggi, diciamolo con forza, il pericolo maggior per le istituzioni e la Democrazia è il governo Andreotti. Il governo Andreotti se ne deve andare!

Compagne e compagni, la Federbraccianti ha sempre rifiutato le chiusure nazionalistiche, ha sempre combattuto le discriminazioni ideologiche, si è interessata dei problemi che travagliano l'umanità ed in particolare l'Europa, non solo per i problemi economico, ma in primo luogo per quelli della libertà e della Democrazia. Se questo significa essere un sindacato diverso, siamo lieti di esserlo in quanto ci sentiamo profondamente legati ai lavoratori i tutto il mono, anzi intendiamo ancora più intensificare il nostro impegno internazionalista per la pace contro il razzismo, il colonialismo, il fascismo, l'imperialismo.

Qualcuno ha osservato polemicamente che la Federbraccianti è un sindacato “estremamente politicizzato” e quindi ciò creerebbe difficoltà alla costruzione dell'unità. Deve essere chiaro a tutti che rifiuteremo sempre di divenire un sindacato provincializzato, chiuso, miope, che non tiene conto di ciò che capita nel mondo. Non solo, pensiamo che se ci occupassimo esclusivamente di contratti e di salario non assolveremmo alla funzione di classe che il sindacato deve svolgere nella società. Riteniamo che il sindacato debba farsi carico se vuole veramente difendere gli interessi dei lavoratori, dei problemi complessivi dei lavoratori e della società.

Del resto gli avvenimenti delle ultime settimane dimostrano quanta influenza abbiano i problemi internazionali sulla vita e sull'economia delle singole nazioni. E' sufficiente ricordare il terremoto monetario determinato dalla crisi del dollaro e ciò che sta provocando in Italia l'aumento dei prezzi in termini di inflazione. Di fronte a questa crisi è emersa l'incapacità e l'impotenza del MEC ad organizzare una difesa degli interessi degli stati europei e il settore maggiormente colpito è di nuovo l'agricoltura.

L'economia italiana e larga parte di quella europea è sempre più dominata da gruppi finanziari multinazionali che si stanno estendendo, specie nel settore delle trasformazioni dei prodotti agricoli. Attraverso le regole comunitarie noi paghiamo per sostenere i prezzi della produzione agricola in altri paesi, subiamo imposizioni sui prezzi, limiti nelle esportazioni e persino limitazioni alla produzione come è il caso, ad esempio, delle barbabietole da zucchero.

Ancora non possiamo mai dimenticare la massa di emigrati provenienti dalle campagne e occupati come stagionali nei paesi del MEC, i quali hanno enormi problemi economici e sociali, civili e di libertà.

Per il nostro sindacato l'impegno principale è verso l'Europa anche se non dimentichiamo i drammatici problemi della fame che colpiscono vaste aree del mondo (quest'anno la produzione dei cereali è diminuita di 300 milioni di tonnellate); dell'esistenza ancora del latifondo e delle piantagioni in cui il campesino, il bracciante indiano, il servo africano vive da schiavo. Sappiamo pure come l'analfabetismo sia diffuso, conosciamo il dramma e la vergogna di 42 milioni di bambini al di sotto dei 12 anni impiegati nei lavori agricoli e inorridiamo di fronte alla tratta degli schiavi nelle aziende agricole brasiliane. Guardiamo contemporaneamente con attenzione e partecipazione ciò che sta avvenendo in America Latina, al suo scrollarsi di dosso il peso dell'imperialismo americano, alle misure di riforma agrari prese da diverse nazioni. Guardiamo con trepidazione ala lotta dei popoli delle colonie portoghesi, con preoccupazione alla situazione – proprio alle porte del Mediterraneo – nel Medio Oriente.

Vogliamo ribadire la nostra dura e ferma condanna verso le continue azioni di vero e proprio crimine politico, compiute dal governo di Israele, contro la resistenza palestinese.

Noi non siamo d'accordo che la lotta rivoluzionaria venga confusa con il terrorismo. Ma no ha alcuna giustificazione il governo di Tel Aviv per le continue azioni terroristiche, per la teorizzazione e perseguimento del folle disegno, di distruzione dell'organizzazione per la rivoluzione palestinese, del genocidio dell'intero popolo palestinese.

Esprimiamo, perciò, ancora una volta la nostra solidarietà al popolo della Palestina. E' nostra ferma convinzione che occorre una soluzione politica del conflitto nel Medio-Oriente, una soluzione che, sulla base della risoluzione dell'ONU, blocchi le mire espansionistiche di Israele e risolva la questione palestinese.

Tutto ciò non limita il nostro impegno verso le altre aree. L'esperienza delle conferenze dei bacini del Mediterraneo è stata un tentativo di organizzare un'azione di questa area per la riforma agraria, per i diritti minimi dei lavoratori, per i problemi spesso drammatici dell'emigrazione. Questa esperienza la riteniamo positiva, continueremo a operare augurandoci di trovare, in un prossimo futuro, più disponibilità anche nei sindacati agricoli aderenti alla Cisl internazionale.

Compagne e compagni, la crescita della Federbraccianti, il suo profondo rinnovamento, l'impegno sui grandi problemi della società italiana e per l'unità sindacale, ci impone di operare in modo più continuo e qualificato sui problemi internazionali.

Lotta al fascismo, lotta per la libertà, lotta per la pace, sono nella natura e nella storia della Federbraccianti e per questa strada continueremo sempre!

 

Data documento: 
Giovedì, 12 Aprile 1973
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