1976 – Corso quadri Ariccia

E' presumibilmente un corso per i quadri Federbraccianti, svoltosi ad Ariccia nel febbraio del 1976, pochi mesi prima di essere trasferito all'Inca Nazionale.

 

Torno da un viaggio in Calabria, da un bagno in una parte della realtà nazionale che grida “vendetta”, che non è solo condanna a morte di questa società, di chi, nel nome del profitto, dell'odio di classe, l'ha costruita. Una critica severa anche al movimento operaio ed ai sindacati.

Melissa 1949: sul feudo del nobile Fragolà si consuma un eccidio contro una massa di braccianti che chiede terra e lavoro. 1976: un paese di 3.000 anime, impoverito dall'emigrazione, di braccianti e contadini che con i muli e le capre si arrampicano per viuzze, stretti sentieri e vivono in case, più stamberghe che case. Non c'è dal 15 giugno un'amministrazione di sinistra, il segretario della CdL è passato alla Cisl, 180 dei 230 braccianti gli hanno dato i moduli di disoccupazione: il trasformismo, la pratica clientelare ha vinto. Quel segretario di CdL era stato qui, in questa scuola, per un mese!

Sabato è stata ricostituita la CdL in un piccolo teatro gremito con 150 uomini fra i quali vecchi combattenti, emigrati rientrati, giovani disoccupati (120 posti, seggiole a pezzi, umido, dove il vento spegne continuamente la luce, senza insegne). Dopo 27 anni dall'eccidio di Melissa si incomincia da capo! Si ricomincia, malgrado errori, gridando “lavoro, viva la Cgil, W Di Vittorio. Un lavoratore ha detto “la CdL è il nostro pane, la nostra vita”.

Compagni, viviamo in una fase di lotte del movimento operaio, di impegno del sindacato e vanno rimarcate alcune caratteristiche:

  • il Sindacato è un'organizzazione di classe voluta dai lavoratori per difendersi dai padroni, per assolvere un ruolo nella società, per unirsi e impedire di essere battuti, ricattati, umiliati. Quindi per difendersi e per lottare, avendo ben chiaro che i padroni e i governi nulla regalano

  • il Sindacato non è una struttura o sovrastruttura dello Stato, del sistema, né emanazione di un partito o di un uomo. Ma l'insieme dei lavoratori, di una categoria, di una località, di una nazione. La regola base della vita del Sindacato è la Democrazia, un diritto ed un dovere dei suoi membri, la sua forza si misura dal grado di unità, di democrazia, di coscienza.

  • In Italia il Sindacato ha caratteristiche particolari rispetto al sindacato dei paesi socialisti (e questo è comprensibile dato i diversi rapporti di produzione), ma anche a quello dei paesi capitalisti europei

  • in Italia il Sindacato non è emanazione di un partito, come, ad esempio, dove è forte la socialdemocrazia, addirittura corpo organico, come in Inghilterra del partito Laburista

  • questo non significa che, pur in autonomia, il Sindacato non faccia politica e non trovi convergenze maggiori, intese più facili con i partiti di sinistra, più classisti

  • questa peculiarità ha permesso l'avvio di un processo unitario, come ad esempio, la partecipazione dei socialisti al governo o l'unificazione con i socialdemocratici che ha impedito la scissione nella Cgil. Possiamo dire che in Italia non c'è un Sindacato di partito.

Altri elementi:

  • sin dal suo sorgere il Sindacato ha teso a superare i limiti e le chiusure di categoria. E' noto che i lavoratori spesso hanno cominciato ad unirsi per affrontare i problemi elementari, sulla base del solo mestiere (tipografi), cioè per farsi riconoscere il valore della professione. I braccianti si sono uniti nelle leghe, in particolare per i problemi dell'occupazione, del lavoro e della spartizione equa del lavoro stesso

  • ma è importante che nascano le CdL provinciali e locali per coordinare le politiche dei singoli sindacati, per ampliare la solidarietà

  • in Italia il Sindacato non si occupa solo di salari e di contratti, ma è impegnato a livello di società sui problemi economici, sui problemi generali del Paese e dei lavoratori, compreso le questioni della Democrazia, della libertà, della solidarietà internazionale. Ci pare che queste scelte, se coerentemente perseguite, accrescano e rafforzino la coscienza e la funzione di classe del sindacato.

Sull'impegno e la difesa della democrazia, sulla solidarietà internazionale della Cgil (ed in certa misura negli ultimi anni anche da parte della Cisl e Uil) mi pare non ci siano dubbi. Sull'impegno ad affrontare con coerenza i problemi generali della società è certo che di grande valore fu l'idea e la costruzione del Piano di Lavoro lanciato dalla Cgil in un momento di grave disoccupazione, quando la ricostruzione (primo dopoguerra) e lo sviluppo economico venivano guidati dal capitalismo, da forze moderate e condizionati dal modello americano. Si propose un'alternativa, si tentò una via che condizionò, ma non capovolse, quella linea la cui realizzazione oggi paghiamo tanto duramente. Non scordiamoci che eravamo soli come Cgil, in trincea, indeboliti dalla scissione.

 

L'altro momento è stato quello quando abbiamo iniziato a costruire, sull'onda delle lotte operaie del 1968/1970 e che oggi, di fronte all'incalzare della crisi, chiamiamo nuovo modello di sviluppo.

 

Certo, noi abbiamo denunciato i guasti, i pericoli della linea economica che si affermava, ma nei fatti l'abbiamo anche subita, a volte tollerata, a volte benedetta.

 

Crisi agricola – emigrazione – giungla retributiva – consumi inutili – clientelismo: sono fenomeni che oggettivamente hanno ristretto la base delle lotte. L'Italia sta attraversando una crisi di una gravità eccezionale: + 17% aumento dei prezzi, - 10% produzione, 1.500.000 di disoccupati, milioni di ore di cassa integrazione, problema dell'emigrazione. Sono coinvolti piccoli e medi imprenditori e i settori legati al mercato estero.

 

Le forme di protezione dei lavoratori come la cassa integrazione, le misure peri licenziati - uniche in Europa - gli accordi nelle fabbriche, non sono la certezza per il domani, né la misura reale per l'economia.

 

Dobbiamo sapere che c'è una crisi economica grave, diversa per dimensione e profondità da quelle precedenti. Cioè REALE, in cui si innestano certamente giochi internazionali, speculazioni, manovre monetarie, i ricatti delle multinazionali che ne provocano un aggravamento, ma ne lasciano intatta la dimensione le caratteristiche.

 

In questi anni sulle strutture e le istituzioni della democrazia si è abbattuta la strategia della tensione, attentati, stragi, tentativi di golpe. Eppure il Movimento operaio, il cuore antifascista e democratico del Paese, ha retto.

 

Quello che la strategia della tensione da sola non ha realizzato, non vorremmo si realizzasse dalla combinazione di questa miscela con quella della crisi economica.

 

La battaglia per uscire dalla crisi economica è una battaglia di difesa delle istituzioni democratiche, per dare certezze ed anche uno slancio, una tensione ideale per affermare nuovi valori.

 

Il Sindacato, unitariamente, anche se ci sono strutture come la Fisba che cont4estano, altre che subiscono, ha una precisa proposta politica, per la quale la lotta è quella della piena occupazione.

 

Si tratta di partire da un dato preciso, da un punto fermo “l'uso della forza lavoro manuale ed intellettuale”

 

Concretamente significa:

  • allargare le basi produttive

  • utilizzare tutte le risorse

  • riconvertire, non solo ammodernare, l'industria

  • produrre di più, beni più utili

  • cambiare certi consumi a favore di altri.

E' la società che mettiamo in discussione, è la società che intendiamo mutare profondamente. E' questo, perciò, uno scontro di grandi proporzioni, di lungo periodo, difficile, ma che vale combatterlo. Ha in sé la forza rivoluzionaria, la concretezza e una grande carica morale ed ideale.

 

La lotta per affermare tali obiettivi non è facile. Ha bisogno del massimo di unità sindacale e voi sapete che il processo unitario non è un processo lineare, che incontra delle difficoltà, delle battute di arresto. Mi pare, però, di poter dire che per ora le confederazioni, la Federazione Cgil, Cisl, Uil questo disegno lo mantengono fermo.

 

Ma l'unità delle confederazioni non basta. Occorre al disegno generale rendere coerenti ed ancorare le rivendicazioni categoriali. Mi pare che i grandi sindacati dell'industria abbiano messo al centro delle loro richieste il problema dell'occupazione subordinandolo a questo le stesse richieste salariali. La scelta fondamentale del rinnovo contrattuale dei braccianti sarà quella dell'occupazione.

 

Occorre allargare la base sociale che sostiene queste scelte. Intendo dire che innanzitutto occorre, colpendo anche i privilegi dei gruppi di lavoratori, unire tutti gli occupati del settore privato e pubblico, i lavoratori manuali e gli impiegati, gli occupati e i disoccupati (che vanno organizzati) i contadini, ma anche trovare le forme per avere a fianco la piccola, la media e in genere l'imprenditorialità che può e vuole contribuire al superamento della crisi.

 

Sul terreno politico è necessario isolare, ridurre l'area delle forze economiche e politiche che vogliono scaricare la crisi sui lavoratori, sulla collettività.

 

Il Movimento sindacale, per realizzare questo disegno, per dargli una coerenza ed una continuità, deve misurarsi in primo luogo con il padronato (il nodo dello scontro con i padroni non si salta). Deve concretamente confrontarsi con le Regioni per scegliere come spendere le disponibilità, consumare i residui, premere sul governo centrale. E con il governo centrale ci sono da definire le priorità e gli indirizzi di intervento pubblico e dei finanziamenti.

 

C'è in corso una crisi di governo che si trascina pericolosamente. Il Movimento sindacale non voleva la crisi (si stava iniziando a discutere del piano a medio termine, dei provvedimenti per l'industria, del finanziamento attraverso la Cassa di opere del Sud per circa 25.000 miliardi. Il Movimento sindacale non vuole elezioni anticipate e chiede i mutamenti profondi delle proposte economiche del governo e non resterà neutrale (al di là delle formule) sul programma.

 

L'agricoltura (settore primario secondo gli economisti) può e deve giocare un ruolo di prima grandezza, per superare la crisi.

 

In Italia la borghesia non affrontò col Risorgimento la questione del latifondo, la Rivoluzione Francese SI!

 

Nel dopoguerra lotte aspre (sanguinose) ottengono la Legge Stralcio, il Patto Nazionale di Lavoro, un accordo per i mezzadri, l'imponibile di manodopera, ma non la Riforma Agraria. Cioè non solo l'eliminazione della rendita fondiaria, del garantismo, ma l'organizzazione su basi moderne dell'agricoltura. Anzi, ci si serve, specie della Legge Stralcio, per contadinizzare i braccianti e dell'assistenza per creare l'impero di Bonomi e la base di massa della DC.

 

Oggi scopriamo (lo scoprono tutti) che produciamo poco, ad alti costi, che la montagna abbandonata frana, a volte gonfia i fiumi, che le importazioni squilibrano la bilancia dei pagamenti, che la terra incolta è ormai più di ¼ di quella utilizzata, che non c'è equilibrio tra le diverse produzioni. Si distrugge. Ma i dati precisi ve li dirà Bottazzi, anche se quelli ufficiali nascondono molte verità, comunque abbiamo appena 11.000 aziende che consumano + di 1.500 giorni di lavoro in un anno, tra fissi e stagionali. Appena 57 con più di 30.000 giorni annui di lavoro. 500.000 aziende che danno lavoro (qualche giornata) ad uno o più braccianti. Una struttura debole anche se le aziende capitaliste hanno un peso (più politico che economico).

 

L'azienda contadina produce più del 70% della produzione e l'80% di quella pregiata. Produce, escluso alcune zone dell'Emilia, del Veneto, della Lombardia, sprecando molte energie e mezzi, in modo non razionale. Ma è difficile, in vaste zone del Sud, stabilire se un lavoratore è “contadino” in quanto è, per periodi, bracciante, edile, emigrato. Un mosaico dove un dato è certo: l'invecchiamento e il NO dei giovani a lavorare in campagna. Su quest'agricoltura pesa l'industria con i mezzi chimici e meccanici. Pesa l'industria di trasformazione e molte volte l'intermediazione parassitaria. Voglio dire che le potenzialità reali della risorsa agricola sono compresse, annullate.

 

E i lavoratori? I mezzadri e i coloni si stanno estinguendo. La famiglia del contadino (salvo pochi casi) non esiste più. I braccianti (400.000) hanno più o meno un'occupazione stabile. Poi la gran massa degli stagionali e tra essi le donne. Tutti hanno redditi e salari inferiori ai lavoratori o agli imprenditori di altri settori. I trattamenti previdenziali sono insufficienti, comunque pensioni basse, quando non sono minime. C'è l'incertezza di reddito e di occupazione. Le condizioni di civiltà (casa, scuola, cultura) certamente gravi, più gravi a volte della stessa mostruosità delle grandi città. Queste cose le dobbiamo ricordare perchè il Sindacato parte sempre dai bisogni, anche i più elementari, per indicare gli obiettivi, per organizzare le lotte.

 

In questa situazione noi oggi non poniamo il problema della proprietà della terra, ma del suo uso. Concretamente:

  • acqua: per irrigare e per qualificare la produzione

  • bosco: protezione ed uso produttivo

  • messa a coltura di nuova terra e razionale coltivazione delle aree più produttive

  • rapporto diverso con l'industria ed un processo di industrializzazione dell'agricoltura

  • associazionismo e cooperazione

  • opere di civiltà

  • C.E.E.che significa: occupazione e reddito, modo diverso di lavorare,uso della scienza e della tecnica

  • i giovani

Per tutto questo occorrono finanziamenti statali gestiti dalle Regioni, con il rigido controllo dei lavoratori (Comunità montane, Comprensori di pianura, Strutture associative e cooperative). Ma questa problematica, che deve divenire concreta nelle zone (Comunità e Comprensori) è una componente del programma di sviluppo complessivo agricolo e industriale, terziario e dei sservizi. In certe realtà sarà l'asse prevalente, in altre NO. Ma la lotta è di tutti, perchè è lotta per lo sviluppo generale.

 

Questo discorso è oggi più credibile in quanto si innesta con le scelte contrattuali della categoria. Per contratto ormai possiamo essere presenti con i delegati nelle aziende capitalistiche, possiamo contrattare il piano culturale, discutere a livello di zona dei problemi dello sviluppo. E' chiaro allora che se si riesce a stabilire un raccordo preciso tra “potere sindacale” in aziende scelte e iniziative zonali, si possono fare passi avanti seri.

 

Malgrado gli elementi di arretratezza e difficoltà, è comunque in atto un processo di evoluzione della categoria. Ci avviamo verso il contratto nazionale e già il Patto aveva in sé molte norme tipiche di un contratto. Il punto su cui si deve far chiarezza è questo:

  • il diritto alla contrattazione provinciale non può essere discusso. La Provincia è la nostra Pirelli, la nostra Fiat.

  • Centro della contrattazione è l'occupazione, quindi il diritto di intervento nel processo produttivo per quanto riguarda gli investimenti ed i finanziamenti

  • Vogliamo dare alla categoria un corpo (non solo una testa) di 600/700.000 lavoratori.

 

I lavoratori sono gli stabili o con integrazioni (salario annuo), tecnici ed impiegati pubblici e privati, donne che lavorano nella raccolta e nelle aziende di conservazione. Senza divisione con gli altri 700/800.000 che considerano il lavoro di bracciante integrativo o solo per godere dei diritti previdenziali. Questa scelta si lega strettamente a quella che proponiamo per lo sviluppo agricolo: E' COERENTE!

 

Non sono scelte facilmente realizzabili tra l'altro per i difficili rapporti unitari che esistono a livello di categoria. Fin dalla scissione sindacale la Fisba, nelle campagne, cercò, con l'anticomunismo e con l'assistenza, di costruirsi una base di massa. Il suo ruolo è rimasto in generale per lungo periodo subalterno nel Movimento sindacale. La Fisba inizia ad assolvere ad un ruolo quando incomincia la crescita di un processo unitario. Sin dall'inizio assume posizioni frenanti e moderate che diventano di vera e propria opposizione. OGGI la Cisl, con i suoi 330.000 organizzati, è il reparto più anti unitario, il punto di riferimento delle forze anti unitarie esterne al sindacato, la mano dell'ala destra della DC.

 

Che cosa ci preoccupa? La continua messa in discussione da parte della Fisba delle scelte confederali per lo sviluppo economico ed il rifiuto ad organizzare lotte concrete. Ciò indebolisce tutto il Movimento ed impedisce alla categoria di giocare un ruolo più incisivo. Di fronte ai primi timidi passi della Coltivatori diretti verso il Movimento operaio e l'assunzione di un ruolo più autonomo, la Fisba cerca di essere oggi quello che fu la Bonomi degli anni '50 (pag.16)

 

Ormai gli argomenti per giustificare il suo comportamento usati dalla Fisba non sono quelli dell'incompatibilità e autonomia, ma quelli della difesa dal comunismo e dell'unità di tutte le forze sindacali non comuniste.

 

Sul piano pratico (l'esempio l'abbiamo con la raccolta delle deleghe) è lo scatenamento della rissa della concorrenza, dell'uso spregiudicato del denaro (forse americano) anche per comprare coscienze, es. Melissa.

 

Tutto ciò, specie nel Sud, nelle zone degradate dove la Fisba è forte, crea tensione, qualunquismo, indebolisce il ruolo politico del sindacato.

 

Che fare? Noi dobbiamo lavorare da un lato ad organizzare le lotte e dall'altro a “responsabilizzare” a rendere protagonisti la gente. Niente concorrenza, niente settarismi (è difficile) ma proposte, una iniziativa, una ricerca dell'unità. Utilizzare ogni spiraglio, chiedere di collaborare con noi a tutti gli unitari, alle Unioni Cisl, ai sindacati dell'industria.

 

La Federbraccianti è oggi una grande forza: 561.500 iscritti (1975), credo che supereremo i 600.000. Qual è il problema che abbiamo? Come questa forza conta nelle lotte? Come preme per l'unità sindacale? Qui, credo che occorra nel corso, fare molte riflessioni, in particolare come si organizza la Democrazia? I delegati e la loro elezione? Il Sindacato nel territorio? Le zone sindacali unitarie e partecipazione della categoria? I bilanci delle Leghe? I bilanci provinciali? Il Patronato? Deve finire la prasi secondo cui ilo bracciante “delega” a qualcuno.

 

Dobbiamo anche recuperare alcuni valori alti: egualitarismo (coscienza di classe), unità e disciplina (Statuto), solidarietà (specie nelle lotte), civilità (alfabetizzazione, alcolismo, donne).

 

Cultura significa che i giovani devono conoscere e capire la storia di questo Movimento operaio che è stato creato dagli uomini con sacrifici, un Movimento che fa del bracciante Di Vittorio un capo internazionale e di tanti sconosciuti dei combattenti e degli eroi.

 

L'anno, da poco iniziato, sarà molto difficile. Quello che qui approfondirete vi deve servire. Malgrado tutto la crisi economica, le incertezze, i licenziamenti in Italia, il Movimento operaio sta tenendo e continua a condurre con decisione lotte straordinarie.

Data documento: 
Domenica, 1 Febbraio 1976
Categoria: